24 luglio- Memoria liturgica di S. Charbel (24.07.2020)

 
 
 

Il Santo “medico”: San Charbel Makhlouf

Al grande eremita libanese, morto nel 1898, vengono attribuite centinaia di guarigioni miracolose.

San Charbel Yusef (Giuseppe) Makhluf nacque nel villaggio di Biqa Kafra, sul massiccio del Monte Libano, nell’anno 1828,  quinto figlio di una famiglia di contadini. Rimase orfano di padre in giovanissima età e la madre si risposò con un uomo  di profondi sentimenti cristiani che addirittura alcuni anni dopo ricevette il diaconato. Yusef sentì fin da giovane il richiamo della vita religiosa tanto che già a quattordici anni, mentre portava al pascolo le sue pecore, sovente si ritirava in

una caverna a pregare e meditare. I ragazzi suoi coetanei non di rado si prendevano gioco di lui per questo suo atteggiamento, ma Yusef accettava le loro burle quasi con gioia, dando già prova di quella straordinaria mitezza che sarebbe divenuta la caratteristica più significativa della sua

vita e del suo carattere.

A vent’anni, trovandosi nella condizione di dover scegliere tra il matrimonio e la vita religiosa, Yusef decise di prendersi un periodo di tre anni di meditazione durante il quale ascoltare

solo la voce di Dio. L’ordine che ricevette fu inequivocabile: “lascia tutto, vieni e seguimi!”. Fu così che nel 1851, senza salutare nessuno, egli lasciò la propria famiglia e si presentò al convento della Madonna di Mayfouq dove chiese di essere accolto. Qui fece due anni di noviziato, terminati i quali venne inviato nel Monastero “San Maroun” di Annaya, un villaggio ad una trentina di

chilometri da Byblos, dove egli fece i voti perpetui come monaco il 1° novembre 1853 prendendo il

nome di Charbel, un martire del secondo secolo.

Dopo alcuni anni trascorsi nel monastero di San Cipriano vicino a Batroun allo scopo di studiare la

teologia venne ordinato sacerdote il 23 luglio 1859, all’età quindi di 31 anni. Ritornato al monastero di San Maroun di Annaya fece la normale vita del monaco per sedici anni durante i quali si distinse per la straordinaria mitezza e l’assoluta     obbedienza agli ordini dei suoi confratelli e superiori. Quindi chiese ed ottenne il permesso di ritirarsi in eremitaggio su un colle posto nelle immediate vicinanze dello stesso monastero di Annaya. Per i successivi ventitre anni egli visse in una piccola abitazione priva di qualunque riscaldamento, utilizzando un sasso come cuscino, portando il cilicio e trascorrendo il tempo in preghiera salvo quello  necessario a coltivare la terra da cui otteneva il  necessario per il suo unico pasto giornaliero. Morì per un colpo apoplettico a settant’anni il 24 dicembre 1898 mentre si accingeva a celebrare il Santo Natale.

Gli anni di eremitaggio furono contraddistinti -oltre che dalle durissime condizioni di vita- da una straordinaria mansuetudine nei confronti dei confratelli e dei superiori tanto che egli chiedeva sempre per sé i lavori più umili e sgradevoli che gli altri non gradivano. Non ci furono folle di fedeli    che lo andarono a trovare in vita, anzi la fama della sua vita austera superò di poco i confini del villaggio di Annaya e neppure miracoli clamorosi. Per la verità si ricorda un solo fatto apparentemente straordinario: una sera rientrò tardi dai lavori nei campi ed il Superiore per penitenza non gli consegnò l’olio per la lampada. Quando il Padre Superiore si ritirò nella sua camera, vide che dalla cella di San Charbel proveniva una fioca luce. Entratovi trovò il monaco che leggeva gli Uffici alla luce della lampada e quindi gli chiese come si fosse procurato l’olio. “Non homesso olio” rispose candidamente San Charbel “ma acqua”. Incredulo il Padre Superiore prese la lampada, che subito si spense, e la vuotò vedendo che effettivamente usciva effettivamente usciva solo dell’acqua. Allora, prima di uscire, si inginocchiò.

Nessun fatto straordinario e nessun miracolo clamoroso durante la vita, ma tutto cambiò dopo la morte di San Charbel. Qualche mese dopo la sua sepoltura, infatti, dalla tomba del monaco incominciarono a uscire strane luci. Venne allora riaperto il sarcofago ed il corpo di San Charbel apparve incorrotto e ricoperto di uno strano sudore misto a sangue. Intanto incominciarono a diffondersi le voci di guarigioni inspiegabili attribuite proprio all’ intercessione del monaco.

Nel 1925 venne aperto il processo di canonizzazione e nel 1950 venne ancora riaperta la tomba. Una commissione di medici potè così verificare l’integrità del corpo e la persistenza del sudore misto a sangue rilevato già mezzo secolo prima. Charbel Makhlouf venne dichiarato Beato nel 1965 ed infine proclamato Santo il 9 ottobre 1977 durante il sinodo mondiale dei Vescovi. A convincere la Chiesa a fare questo passo furono soprattutto le guarigioni scientificamente inspiegabili attribuite

al grande mistico. Nel processo di canonizzazione ne vengono citate tre: la guarigione miracolosa e istantanea da un’ulcera maligna di Suor Maria Abel Kamari il 12 luglio 1950, il recupero della vista di un cieco, certo Iskandar Obeid, avvenuto mentre il fedele stava pregando sulla tomba del futuro Santo nel 1937 e la guarigione da un cancro alla gola in fase terminale di Myriam Aouad avvenuta invece nel 1967. In realtà però presso l’apposito registro del monastero di Annaya sono ormai raccolti i racconti di centinaia di guarigioni inspiegabili secondo la scienza medica. Non solo racconti di libanesi; ovunque nel mondo venga conosciuta la fama di San Charbel lì si verificano miracoli, persino recentemente in Messico e in Russia. Non a caso proprio dalla Russia è giunta in Libano negli anni ’80 una commissione di scienziati per effettuare studi sulla tomba del Santo. Ad essere miracolati non sono solo cristiani, ma anche musulmani e drusi. E’ nota la storia di una giovane drusa libanese a cui negli anni ’50 crebbe una gamba (originalmente più corta dell’altra di cinque o sei centimetri) dopo che sulla stessa venne posto del fango formato da acqua benedetta e terra raccolta attorno alla tomba di San Charbel. Il fatto venne testimoniato con una dichiarazione giurata dagli stessi notabili drusi del villaggio.

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